giovedì 25 ottobre 2007

Auspicabile metafora

Erano appena le tre del mattino quando il Presidente fu svegliato dallo squillo del telefono sul comodino. Non si alzò neppure, sollevò la cornetta e con la voce impastata dal sonno rispose:
"chiunque tu sia, se non è scoppiata una guerra io chiudo".
Dall'altra parte ci fu un attimo di silenzio, poi la voce del Segretario alla Difesa recitò:
"Presidente, credo si tratti di peggio, è scoppiata la pace".
Il Presidente sorrise, pensò ad uno scherzo e riabbassò il telefono senza accorgersi di aver messo fuori posto la cornetta.
Quando furono le sette la sveglia digitale suonò e lui aprì gli occhi, si alzò, indossò la sua vestaglia e le sue pantofole con lo stemma presidenziale, poi aprì la porta ed entrò nel soggiorno. Cercò con gli occhi i suoi collaboratori che di solito a quell'ora già lo aspettavano leggendo i giornali sulle poltrone di pelle rossa, ma non c'era nessuno. Si sedette al tavolo di mogano dove era solito fare colazione, era un pò turbato, ma non ebbe il tempo di rifletterci perchè in quel momento stesso il maggiordomo inglese aprì la porta ed entrò con in mano il vassoio d'argento della colazione. Aveva sul volto il sorriso delle grandi occasioni, gli si avvicinò e lo saluto:
"buon giorno Signor Presidente. La vedo riposato".
"Grazie John, ho dormito a lungo ma ho fatto strani sogni. Dove sono tutti? Non vedo nessuno".
"Non saprei Signor Presidente. Stamattina la Casa Bianca è vuota. Ho pensato di aver dimenticato qualche festa nazionale".
Il Presidente rimase in silenzio e fece segno di no con la testa. Il maggiordomo cominciò a versargli il caffè nella tazza di porcellana, anch'essa con lo stemma presidenziale e disse:
"Ha sentito che stupende novità? Per una fortunatissima coincidenza questa notte mentre noi dormivamo, sono cessate tutte le guerre. In una sola notte si sono messi tutti d'accordo. Ma ci pensa? E' fantastico".
Il Presidente scattò in piedi rovesciando la tazza del caffè, si guardò intorno con gli occhi fuori dalle orbite e gridò:
"non è possibile, dove sono i giornali? Sto sognando".
"Non saprei Signore, come le ho già detto stamattina non è venuto nessuno, ma non è felice della notizia? C'è finalmente la pace in tutto il mondo".
Il Presidente si girò verso di lui e lo guardò furente come se volesse ucciderlo, poi esplose urlando:
"maledetto imbecille! Siamo i più grandi produttori mondiali di armi. Dichiariamo una guerra ogni anno, costringiamo tutti gli altri a scannarsi tra loro per vendergli armi. Tutte le nostre scoperte scientifiche, tutte le innovazioni tecnologiche che abbiamo oggi sono derivate dall'industria bellica. Senza guerre per noi sarà la bancarotta".
Nonostante le aspre parole del Presidente, il maggiordomo non si scompose, era un uomo di mezza età, calmo per natura, rilassato ed educato per formazione e professione. Sapeva come gestire gli scatti d'ira dei suoi interlocutori , in quei casi si comportava come un muro di gomma. Aspettò quindi un attimo prima di parlare e poi con la massima calma e con un tono quasi confidenziale disse:
"Signor Presidente non si preoccupi, vedrà che staremo tutti bene lo stesso. Poco fa ho sentito alla radio che in Europa hanno trovato un modo per far camminare le automobili con un motore ad acqua. E' davvero fantastico".
Il Presidente franò di schianto su una poltrona, tutto gli sembrava un terribile incubo. Si pizzicò un braccio ma il dolore che sentì gli confermò che era irrimediabilmente sveglio. Il maggiordomo era di fronte a lui e lo guardava sorridente. Il Presidente provò una sensazione di estraniamento, come quando da giovane caricava troppo i suoi spinelli. Gli parve di librarsi nell'aria, come se la sua anima lo avesse abbandonato e lui dall'alto potesse osservare il proprio corpo. Ad un certo punto udì la propria voce che diceva:
"coglione. Piccolo coglione ignorante. Chi credi che venda il petrolio? Lo vendiamo noi".
"Mi scusi Presidente, ho sempre pensato che il petrolio lo vendessero gli arabi".
"No, coglione. sei delle sette sorelle sono le nostre. Gli arabi il petrolio lo estraggono ma poi lo danno a noi che lo raffiniamo e lo vendiamo. Per ogni litro di benzina noi guadagniamo tre volte quello che guadagnano quei beduini puzzolenti. E' la fine, entro una settimana saremo tutti in miseria".
Il maggiordomo stava in piedi di fronte a lui, fino a quel momento aveva aspettato con pazienza che il Presidente consumasse la sua colazione. Rimase in silenzio riflettendo per qualche attimo, poi disse:
"Mi scusi Signor Presidente, tornerò subito".
Il Presidente attese inultimente per alcuni minuti il suo ritorno, poi sentì il bisogno di un caffè, quindi si alzò e se ne versò una tazza piena. Cominciò a bere e per farlo sollevò un poco il capo, il suo sguardo corse lungo il viale fuori dalla finestra e oltre la cancellata, in lontananza si ergevano altissime colonne di fumo scuro. Tutto era vuoto, un vuoto immenso. Solo, era rimasto solo, e mentre pensava a questo, sul viale comparve il suo maggiordomo che, ancora in livrea, pedalando lentamente e a gambe larghe sulla sua bicicletta nera, se ne stava andando reggendosi con la mano la sua buffa bombetta sulla testa.(24 ottobre 2007 - scritto durante l'intervallo del pranzo)

domenica 21 ottobre 2007

Ognuno dovrebbe fare il suo mestiere.

Siamo al ridicolo, siamo alla fine, se questa è la classe politica che ci meritiamo allora dobbiamo aver commesso qualche orribile nefandezza in una vita passata e ora la stiamo scontando. E' un incubo, un incubo terribile, e alla fine c'è lo psiconano che è ancora peggio, ma a questo punto nemmeno lo so se è così peggio. Ho sentito la notizia che era tardi, mi sono detto: "scriverò qualcosa domani" ma non ce l'ho fatta ad aspettare, mi sono alzato dal letto e ho dovuto riaccendere il computer, dovevo buttar fuori il veleno che mi stava assassinando il sonno. Mio nonno mi diceva sempre: "ognuno deve fare il suo mestiere". Io mi incaponivo a volerlo aiutare con la zappa nell'orto e mi venivano le vesciche alle mani. "Ognuno dovrebbe fare il suo mestiere", io i libri e lui la zappa e la vanga. Ma c'è qualcuno tra noi che si crede onnipotente, onnisciente, ma il peggio è che è solo onnipresente. Oggi Di Pietro ha polemizzato sulla decisione di dichiarare De Magistris incompatibile con l'inchiesta Why Not e apriti cielo, Faccione Mastella si è permesso di dire una cosa che ha dell'incredibile: "Di Pietro non capisce niente di diritto". Ossignore, ora ci rideranno dietro anche i Tagiki della Steppa caucasica. Saremo seppelliti da un coro planetario di risate. Mandatelo via, mandatelo via, qualsiasi cosa ma non lui. Ma Prodi che fa? Accetta anche questo? Allora è vero, allora anche io rivoglio Berlusconi, almeno la sinistra ricomincerà a fare la sinistra e non farà più alleanze incestuose con queste persone. Ma io dico, DI PIETRO, il Pool Mani Pulite, quelli che hanno abbattuto la prima repubblica del malaffare, ce li siamo dimenticati? Di Pietro era un Magistrato! Mastella invece è un traghettato, sopravvissuto a nove legislature, parlamentare anche della prima repubblica, sodale dello psiconano quando questo era al Governo, ha cambiato casacca ed è passato al nemico, lo rifarà ancora, tutto per quella poltrona. Meglio la repubblica delle banane. Il mio vecchio progetto di andare in Martinica ora mi pare ancora più appetibile, ci posso andare anche senza passaporto, fateci un pesierino anche voi. Buona notte.

sabato 20 ottobre 2007

Dal ciclostile ai blog... la Casta si difende

Quando parlo del ciclostile e della sua storia molti di voi non possono sapere di cosa sto parlando, non eravate ancora nati, ma trent'anni fa, sebbene non esistesse il web, i giovani di allora avevano lo stesso un sistema per far sentire la loro voce al di fuori dei canali ufficiali, ed era il ciclostile. A quell'epoca i primi computer erano macchine mostruose che occupavano intere stanze e con le quali si dialogava con schede perforate, persino le fotocopiatrici erano rarissime e costosissime, il ciclostile invece era una simpatica macchinetta, con un funzionamento piuttosto semplice, che consentiva di effettuare copie infinite di documenti appositamente dattiloscritti. Con i ciclostile si usciva dagli schemi, si producevano volantini, si pubblicavano giornalini, si diffondevano idee, si contrastava l'informazione dominante. Specialmente nelle grandi città il ciclostile era una arma "mediatica" dirompente, in una notte si poteva tappezzare la città di messaggi che sbugiardavano i potenti, che sputtanavano i politici e che rappresentavano una autentica spina nel fianco di quella che oggi chiamiamo "Casta". E la Casta ovviamente reagì a questo stato di cose, la libera informazione, la controinformazione non piace ai potenti. Può sembrare un controsenso ma chi parla liberamente non può vivere in democrazia, diciamoci come stanno le cose, e come sempre attendo smentite. Sta di fatto che, guarda caso, ad un certo punto si inventarono una legge, ogni ciclostile doveva essere denunciato e ogni foglio ciclostilato doveva riportare chiaramente il ciclostile di provenienza. Da quel momento cominciarono ad affirorare il famosi "Cicl. in prop. Via xxxxxx - eccetera eccetera". Chi era colto a diffondere ciclostilati non riconoscibili era passibile di arresto e pene pecuniarie severissime. Ecco fatto, parlare e scrivere liberamente era diventato proibito.
Ora come allora la guerra continua, stavolta contro i blog e la rete in generale. Come in Cina, come in Birmania, la libera informazione è pericolosa, troppo pericolosa e va imbavagliata. Ed ecco a voi il Disegno di Legge Levi-Prodi che prevede norme restrittive tali da far scomparire ogni forma di informazione che non sia assolutamente controllata ed moderata. Di tutto questo ho proprio paura che dovremo ringraziare, suo malgrado, Beppe Grillo. Sebbene il caro Beppe non avesse di certo intenzione di causare un simile casino, probabilmente la causa di tutto è stato proprio lui, la tempistica della questione può aiutare a capire di cosa parlo. A fine giugno 2007 Beppe Grillo lancia l'idea del V-Day, dal suo sito e dall'Europarlamento. In men che non si dica il suo sito e quello del V-Day registrano decine di migliaia di accessi. La Casta capisce che l'onda mediatica si è scatenata. Dopo poco più di un mese, il 3 agosto 2007, giusto il tempo di verivicare che il progetto V-Day stava prendendo piede, il Disegno di legge è pronto, se lo leggete capirete che non ci hanno dormito la notte per poter riuscire a farlo in tempo. L'8 settembre 2007 scatta il V-Day ed è il finimondo, 350.000 firme raccolte in pochi giorni, quando il movimento referendario per fare altrettanto ha impiegato mesi e mesi. Il Palazzo trema e corre ai ripari. Dopo un altro mese, il 12 ottobre 2007, con un iter la cui velocità ha dell'incredibile, il Consiglio dei Ministri all'unanimità approva il Disegno di legge. Sul tavolino restano problemi irrisolti di poco conto: la legge Biagi, i Dico, la distribuzione del Tesoretto, tutto passa in secondo piano, "prima il bavaglio poi ricominciamo", si saranno detti quelli della casta. Che ne pensate? Certo, il Ddl deve ancora essere approvato dal Parlamento, ma sarà approvato con una votazione Bulgara, scommettiamo? Fa comodo a tutti, destra e sinistra. Sinistra perchè comanda ora, destra perchè comanderà domani. Intano Beppe Grillo che fa? Mobilita le sue liste civiche? Promuove un Web-Day? Macchè! Cito dal sito di Beppe: "Il mio blog non chiuderà, se sarò costretto mi trasferirò armi, bagagli e server in uno Stato democratico" e poi diffonde la mail di Levi: levi_r@camera.it. Ma grazie, com'è umano lei, anche io ho già trasferito il mio blog, armi e bagagli in un server straniero, ma io non ho promesso di spaccare le montagne, io non ho riunito centinaia di migliaia di persone in piazza, io non ho l'obbligo morale di fare pi più di quello che faccio con questo post. Tu Caro Beppe invece questo obbligo ce l'hai! Primo: perchè a furia di rompergli i maroni li hai fatti incazzare sul serio; secondo: perchè migliaia di persone aspettano solo che tu faccia qualcosa, oltre che dirla. Intanto un primo risultato è stato raggiunto, ma non grazie a Beppe Grillo, sono stati annunciati cambiamenti al Ddl, ma non basta: IL DDL VA RITIRATO! Perchè io questo film l'ho già visto. In Parlamento, guarda caso, passeranno degli emendamenti dell'opposizione che rimetteranno tutto come stava. Così non sarà colpa di nessuno. IL DDL VA RITIRATO, altro che. Per quello che mi riguarda non posso far altro che preparare una guida nella quale vi indicherò come trasferire i vostri blog e i vostri siti all'estero, perchè non vengano oscurati dalla sera alla mattina, perdendone tutti i contenuti. See you later.

A volte si nasce due volte


Quell'estate Bolzano era un catino di aria immobile e bollente. Appena il sole spuntava sopra le montagne da est, si cominciava a friggere, a sudare e a boccheggiare. Nemmeno l'ombra bastava a dare un pò di ristoro, non c'era aria, non c'era vento, e quel poco di vento che si sentiva era talmente caldo da sembrare che avesse scorreggiato il buco del culo del mondo. Solo la Tramontana da nord portava a volte un pò di frescura, ma ad agosto la Tramontana è più rara del ghiaccio nel Sahara. Di notte però si riposava decentemente, la temperatura scendeva a sufficienza e poi anche senza zanzariere si riusciva a dormire. L'aria era talmente umida che gli insetti più piccoli, comprese le zanzare, non potevano volare, se però si sentiva il rumore di un insetto in volo, allora era consigliabile coprirsi in fretta con il lenzuolo, perchè sicuramente stava volando qualcosa dalle dimensioni vicine a quelle di un elicottero. Lui quella notte non riusciva a dormire, era molto nervoso, il giorno dopo doveva alzarsi prestissimo per andare in stazione a prendere il treno, partiva per la sua prima licenza. Tornava a casa per la prima volta dopo mesi, aveva messo la sveglia alle 5,30 per poter uscire dalla Caserma alle 6, ma poi avrebbe dovuto fare un paio di km a piedi. Per tutta la notte si girò e rigirò sul letto senza riuscire a prendere sonno, a diciannnove anni certe cose, anche così sciocche come dover prendere un treno, le vivi troppo intensamente. La prima licenza, il calore della famiglia, ma sopratutto il calore di lei, la sua fidanzata, erano tutti pensieri che attraversavano rumorosamente la sua mente e come passi pesanti dal piano di sopra lo tenevano sveglio. I suoi occhi erano spalancati e guardavano in alto, nel letto a castello lui dormiva nella branda in basso, pochi giorni prima aveva trovato in una rivista pornografica la foto di una donnina nuda che somigliava incredibilmente alla sua ragazza, stessi capelli castani e mossi, stessi occhi scuri, stessi seni pieni e stupendi. Aveva appeso la foto alla rete sopra di lui, così poteva guardarla tutte le volte che voleva. In quel momento avrebbe voluto un pò di luce per vederla, si sarebbe masturbato, guardandola, pensando alla sua pelle morbida alla sua bocca avida e a... tutto il resto. Sicuramente gli sarebbe servito per addormentarsi, ma ora era tutto buio, la luce nella camerata era spenta, tutti dormivano, il trentino russava, il bergamasco farfugliava, e lui... vegliava. Iniziò a ripassare mentalmente tutte le cose da fare e da portare con se. Maledisse il momento in cui aveva promesso a sua madre di tornare a casa in divisa, sapeva che se ne sarebbe pentito, la divisa d'ordinanza, anche se estiva, non era delle più fresche, e quel maledetto cotone era ruvido, specialmente il filo delle cuciture. Il borsone era pronto, la divisa era sulla sedia, piegata e stirata, le scarpe sotto il letto, lucidissime. Quindici giorni prima aveva perso il suo turno di licenza perchè non aveva la divisa in ordine. Incredibile, assurdo, era stato punito per una cosa facoltativa, non era obbligatorio uscire in divisa e se fosse partito in borghese nessuno avrebbe trovato nulla da ridire. Stavolta però non aveva lasciato nulla al caso, era stato dal barbiere la sera, taglio di capelli e barba, aveva lucidato la fibbia della cintura e per l'occasione aveva anche tirato fuori il secondo basco, quello che si usa per le occasioni speciali, sarebbe stato perfetto. Fuori dalla finestra notò un primo chiarore, guardò l'orologio, erano quasi le 5,00. Decise di alzarsi e di farsi una doccia, in quella caserma il bagno era accogliente come quello di un albergo anche se tutto il resto faceva più schifo di una prigione, ma il bagno era stato rifatto da poco, tutto luccicava e risplendeva, c'era sempre l'acqua calda, e gli specchi erano grandi e puliti. Sotto la doccia rimase a lungo in piedi immobile, lasciò che l'acqua gli scorresse addosso partendo dal suo volto, era una cosa che lo rilassava e lo tonificava al tempo stesso. Poi via, sapone e shampoo, dopo pochi minuti era pronto e vestito. Erano appena le 5,20, decise di uscire prima, avrebbe aspettato l'ora di uscita in Porta Centrale, e mentre camminava nella piazza d'armi gli venne in mente che avrebbe anche potuto prendere un caffè al distributore automatico che serviva i piantoni di guardia. La Porta Centrale era deserta, solo dalla garitta gli era arrivata una voce, forse un saluto, rispose con un cenno del capo e si diresse alla macchinetta, infilò una moneta ed attese che il caffè scendesse. Dietro di lui udì dei passi e una risata:
- Finalmente ce la fai ad andartene a casa.
Si girò e vide che il Sergente di turno era il suo Sergente al Reparto.
- Oh si Sergente, le posso offrire un caffè?
- Volentieri, ho appena iniziato il turno, devo ancora svegliarmi bene, a che ora hai il treno?
Lui gli porse il caffè e rispose:
- alle 6,30. A piedi faccio appena in tempo.
Il Sergente cominciò a bere il caffè guardandolo negli occhi e non smise di guardarlo anche dopo che ebbe finito di bere.
- Quella di due settimane fa è stata una vera carognata.
- Sergente, ero pronto, ci sono rimasto di merda, a casa mi aspettavano, ora hanno anche cambiato l'orario dei treni e il treno che dovevo prendere io, quello diretto fino a casa lo hanno anticipato. Questo che prendo adesso non è diretto, devo cambiare a Verona e a Bologna.
- Hai una sigaretta?
Lui tirò fuori il pacchetto, e glielo porse. Il Sergente prese la sigaretta, la accese e poi gli voltò le spalle.
- Adesso a che ora parte quel treno che dovevi prendere?
- Alle 6,05 putroppo.
Il graduato gli dava le spalle, era molto più basso di lui ma aveva un fisico scolpito, prima di entrare nell'esercito era stato muratore, con lui aveva un buon rapporto, quasi amichevole, c'era stata subito della simpatia, quelle cose epidermiche che non ti sai spiegare. Aspirò una lunga boccata e poi si diresse verso il portone. Lo spalancò, poi si girò verso di lui e gli disse:
- vai, se ti sbrighi fai in tempo. Ricordati che se ti beccano fuori tu sei uscito di qui da solo. Quella testa di cazzo che ti ha punito non lo sapeva nemmeno che tu non eri mai tornato a casa.
Ringraziarlo ed uscire di corsa fu un attimo. Per strada volò, incredulo e immensamente grato a quel calabrese che a modo suo aveva voluto rimettere le cose a posto facendo giustizia di una ingiustizia. Mentre correva non sentiva nemmeno il peso del borsone, il sole era ancora dietro le montagne, la notte era fresca, dopo pochi minuti era sul treno verso casa, felice. Il viaggio all'inizio fu piacevole, i vagoni erano pieni solo a metà, tutti emigranti che tornavano a casa e che erano partiti chissà da quante ore, chissà da dove e che per chissà dove. Si trovò un posto in uno scompartimento con sedili coperti di tessuto, era uno scompartimento per non fumatori ma i sedili in similpelle erano micidiali in estate, quindi decise che per fumare sarebbe andato in bagno. Appena fu seduto accavallò le gambe, si tolse il basco, appoggiò il capo sul poggiatesta e senza nemmeno accorgersene si addormentò. A risvegliarlo fu il caldo, il treno era fermo, ebbe l'impressione di aver dormito troppo, fu preso dalla paura di aver saltato la sua stazione di arrivo. Scattò in piedi tra gli sguardi increduli degli altri passeggeri ed esclamò:
- dove siamo?
Qualcuno gli rispose:
- Bologna.
Subito si tranquillizzò, era solo a metà strada. Uscì dallo scompartimento per andare a fumare, quando fu alla porta del vagone si accorse di essere al primo binario. Sul marciapiede, proprio di fronte a lui c'era il carretto di un venditore ambulante.
- Paniniii bibite...
- Hai del caffè?
- E come no?
Quando ebbe in mano il bicchierino di carta chiese:
- ma come lo hai fatto questo caffè?
- a generale, con la moka, io non uso le polverine, stai tranquillo che è Lavazza.
Un romano a Bologna, ma quando mai? Il caffè però era buono, e dopo il caffè la sigaretta aveva un sapore migliore, la fumò sul marciapiede, c'era ancora tempo, comprò anche una rivista dall'edicola lì vicino, ormai non avrebbe dormito più, meglio avere qualcosa da leggere. Il resto del viaggio passò quasi senza problemi, con i finestrini aperti si stava bene, solamente quando però il treno si fermava in qualche stazione il caldo diventava soffocante, ma erano solo pochi minuti, si sopportava. Leggere lo aiutò a passare il tempo, ogni tanto si chiudeva in bagno per accendersi una sigaretta, sarebbe stato a casa per l'ora di pranzo, preciso. Scese dal treno in fretta, prese il sottopassaggio e appena riemerse dalle scale si lasciò prendere da un pò di commozione, di fronte a lui c'era la sua città, non la vedeva da mesi, da mesi non sentiva quel profumo di salsedine e oleandri. Respirò a pieni polomi e poi si avviò verso casa con passo spedito, aveva sete. Fece per entrare in un bar ma lo trovò strapieno, forse il sabato? Proseguì. Al secondo però trovò lo stesso un gran pienone.
- E che cazzo, berrò a casa, tanto ormai sono arrivato.
Uscì senza fare caso che gli avventori non stavano consumando ma guardavano tutti la televisione.
Dopo pochi minuti era arrivato al portone di casa sua, suonò al citofono e gli rispose sua madre, con una voce che lui non aveva mai sentito:
- chi è?
- mamma sono io, apri?
- Oddio è lui. E' LUI.
L'urlo di sua madre lo aveva un pò scosso, va bene che era la prima licenza, che era stato via mesi, ma non si era mai comportata così. Appena entrato in casa si rese conto che qualcosa non andava. Suo padre gli venne in contro con gli occhi rossi, sua madre era in cucina che piangeva riversa sul tavolo.
- Papà, che è successo?
- Niente figlio mio, niente, non è successo niente.
E lo abbracciò dandogli un bacio sulla guancia. Non lo aveva mai fatto prima, mai, poi proseguì:
- sei vivo, non è successo niente.
Era il 2 agosto del 1980. Alle 10,25 di quel giorno, solo pochi minuti dopo che il mio treno era partito, nella sala d'attesa della stazione di Bologna scoppiò la bomba "fascista" che uccise 85 innocenti. Il mio treno fù probabilmente l'ultimo a lasciare quel binario, inoltre se solo avessi preso il treno successivo, sarei stato in quella sala di attesa, o su quel marciapiede ad aspettare la coincidenza e sarei morto anche io. A volte si rinasce una seconda volta (ma per quel che mi riguarda anche una terza e una quarta).

E' UNA INAUDITA BARBARIE!

E' deciso, a Eluana staccherano il sondino per l'alimentazione. Ho una tale voglia di urlare che scoppio, e allora urlo: E' UNA BARBARIEEEE!!! Non c'entra nulla la religione, e la foto che ho scelto per rappresentare il mio blog mi sembra che fughi ogni dubbio su come io la pensi al proposito. Non c'entra la religione, solamente che non sopporto la vigliaccheria, dello Stato e degli uomini! Viviamo in uno Stato vigliacco, e popolato da vigliacchi. Siamo ostaggi del Vaticano, e per poter interrompere l'accanimento terapeutico non possiamo somministrare a chi se la meriterebbe la pillola della dolce morte. Possiamo solo far morire di fame e di sete chi non ha nessuna speranza di risvegliarsi mai. Si, perchè nessuno si sognerà mai di dirvelo chiaramente ma questa è la pura e semplice verità: staccare il sondino significa solo condannare a morire di fame un corpo che nel frattempo continuerà a vivere e a respirare autonomamente, fin quando non morirà, lo ripeto, di fame e di sete. E' UNA BARBARIEEE!!! Sarebbe meglio e più umano somministrare un veleno, rapido, sicuro e indolore, ma viviamo in uno Stato vigliacco e ostaggio del Vaticano e quindi non si può. Siamo inoltre un popolo di vigliacchi, di pavidi e vorremmo che la responsabilità di toglierci la vita se la prendesse sempre qualcun altro al posto nostro. Non sto vaneggiando, sto solo erigendo a spartiacque insormontabile il libero arbitrio di disporre in qualsiasi modo del proprio corpo e della propria vita, nel bene e nel male. Io rivendico il mio inalienabile diritto a disporre come voglio del mio corpo, della mia vita e della mia morte e per tale motivo però me ne voglio e me ne devo assumere la responsabilità, senza coinvolgere in questo nessun altro. Quindi darei senza problemi la pillola della dolce morte ad Eluana, ma non l'avrei mai data a Welby, e non è una contraddizione. Mi spiego: Eluana e tutti quelli che si trovano nelle sue condizioni, hanno subito un evento devastante istantaneo o comunque molto breve, non hanno bisogno di macchinari per vivere, non hanno bisogno di respirazione artificiale, di circolazione extracorporea, di polmoni d'acciaio, eccetera. Il loro corpo sopravvive autonomamente ma il loro cervello è talmente danneggiato che non si risveglieranno mai. In presenza di una loro precedente e precisa volontà in proposito, avrebbero diritto alla dolce morte. Cosa alla quale secondo me non avrebbe avuto diritto Welby. Seguitemi: Tommaso Welby ha avuto anni ed anni, decenni interi, per riflettere sulla sua sorte, era consapevole, sapeva come sarebbe andata a finire, non ha mai trovato il coraggio di togliersi da solo la vita e alla fine chiedeva con il linguaggio degli occhi: "ammazzatemi". A quella richiesta io avrei risposto: "ma ammazzati da te se ne sei capace, lo sapevi da venti anni che saresti finito così, non hai mai avuto il coraggio di farlo da solo e ora vuoi che lo faccia io? Troppo comodo".
Quindi i testamenti biologici dovrebbero essere considerati validi, alla pari della donazione degli organi, ma solo nel caso in cui lo stato vegetativo sia causato da un incidente, da un evento istantaneo, da qualcosa di così rapido e devastante da non consentire al malcapitato di prendere autonomamente la decisione di togliersi la vita. Se invece il malato ha avuto tempo per riflettere e non ha trovato il coraggio di risolvere da solo il problema, questo dovrebbe invalidare qualsiasi testamento biologico precedente, e anche qualsiasi richiesta di morte successiva, perchè se la vita è sacra, lo è ancor di più il mio diritto di non essere coinvolto, come è sacro il diritto del medico di obiettare i propri motivi di coscienza. Buonanotte.

E ti pareva...

Ieri mattina, ero in pasticceria, ancora mezzo insonnolito, al mio solito tavolo esterno senza ombrellone e mi godevo il tiepido sole di ottobre standomene comodamente seduto. Giornali, aperitivo analcolico e stuzzichini, un rito festivo a cui non so rinunciare. Mentre fumavo il mio primo sigaro e sfogliavo lentamente le pagine, leggendo i titoli, una domanda ha cominciato a insinuarsi nella mia mente: “chissà cosa si inventeranno stavolta”. Già chissà cosa si inventeranno, possibile che non abbiano nulla da inventarsi sulle primarie del nascente PD? La giornata poi è scivolata via senza intoppi, un pranzo appetitoso, poco sport in TV, tanti film, letture e le notizie dei TG: il numero dei votanti era enorme, una sorpresa. Cena leggera, a letto presto, domani si lavora, “chissà cosa si saranno inventati... domani lo saprò". Stamattina però, non ho potuto soddisfare immediatamente la mia curiosità. Il lunedì è una giornata impegnativa, si definisce e si programma il lavoro di tutta la settimana. Solo durante la pausa caffè sono riuscito a scorrere i siti internet dei principali quotidiani nazionali. Arrivo a ilgiornale.it e... eccoli lì, sempre loro, sempre uguali a se stessi. Avrei potuto scommetterci la tredicesima e avrei vinto, sono così prevedibili da non rendersi conto di essere irrimediabilmente scontati e banali, quasi ridicoli. Il titolo di apertura è: “Ecco le prove della farsa”. E come ti sbagli? C’era da immaginarselo, hanno preso delle persone e le hanno fatte votare tre, quattro, cinque volte per dimostrare che le elezioni erano una farsa. Dimostrare? Dimostrare cosa? Faccio un breve inciso. Solo pochi mesi fa il Comitato di Redazione della testata giornalistica si è ribellato al suo Direttore (Maurizio Belpietro) perchè quasi senza comunicare niente a nessuno aveva deciso di inserire come allegato di ogni venerdì una pubblicazione che, nonostante il suo nome, con la libera informazione non aveva nulla a che fare: "Il Giornale della libertà", l'organo ufficiale dei "Circoli della Liberta", della ormai famigerata Signora Brambilla (prego notare che ho evitato l'uso del termine "famosa"). In pratica Il Giornale diventava ufficialmente uno sponsor di Forza Italia, non avendo il coraggio di esserne il quotidiano ufficiale. Belpietro ora è sbarcato a Panorama, ma il suo sostituto, Mario Giordano, non smentisce quali siano le simpatie "dell'Editore". In fondo però quelli de Il Giornale cosa hanno dimostrato? Di essere solamente dei guastatori dell'informazione. Senza nessuna possibilità di dare uno spunto che fosse statisticamente o politicamnete valido, potevano solamente creare il mostro e metterlo in prima pagina, e lo hanno fatto. L'ipotesi di un partito unico nell'ala conservatrice è naufragato proprio sulla scelta del leader, Fini e Casini non accettebbero mai lo psiconano e lo psiconano non accetterebbe mai nessu'altro che se stesso. Quindi se non puoi essere meglio del tuo avversario, cerca di farlo apparire peggiore di te. Si sono introdotti come ladri nei seggi e hanno approfittato della buona fede (ma forse sarebbe meglio dire della dabbenaggine) del nascente Partito Democratico. Cos'hanno dimostrato? Assolutamente nulla, se non che quando la notizia non c'è loro se la creano, e come sempre sono andati a caccia dello scoop ad ogni costo, anche a costo di crearlo lo scoop, perchè tutto è lecito pur di danneggiare l'avversario. Una volta, un personaggio politico italiano che il mondo ci invidiava, disse: "fare, fare bene, far sapere". Si chiamava Pietro Nenni, altro stile, altra pasta. Di questi tempi invece, e con queste persone, conviene molto di più non fare niente, per non sbagliare, e conviene sopratutto parlar male degli altri. Ai miei tempi, persino alle assemblee studentesche non potevi permetterti la critica fine a se stessa, e se la facevi, subito venivi subissato dai fischi e dalla accusa infamante di "critica distruttiva". Già, la critica costruttiva, un ricordo lontano ed effimero su certe pagine giornalistiche. Ma che vi devo dire, contenti loro, felici tutti, ma se sta bene ai loro lettori, a me non sta bene di certo. Fortunatamente però io non sono un loro lettore, non contribuisco quindi al mantenimento del giornale, per cui tutto questo non toccherà la mia coscienza (ma dovrebbe toccare quella di qualcun altro).

Mario Draghi, Keynes e lo Psiconano.

Oggi il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, durante una audizione al Senato ha chiesto nuovi interventi di sostegno alle famiglie, citando una statistica dell'Istat secondo la quale nel 2006 l'11% delle famiglie italiane si trovasse in situazione di povertà relativa. Questo intervento mi ha suggeito di mettere on line un mio lavoro divulgativo sull'argomento, si tratta di un lungo file che non ho ritenuto di pubblicare per la sua lunghezza ma che potrete trovare in formato word qui e in formato pdf qui.

Da New York...

... a bordo della Maserati Ghibli bianca Mastella tuona: "non ci lasceremo processare in piazza". A parte che che è la stessa frase usata da Aldo Moro durante lo scandalo Lockheed, la peggiore porcata e il più grande insabbiamento del dopoguerra, ma stavolta non so proprio dare torto a Faccione. Sarebbe infatti ora (ora come allora) che qualcuno pensasse a portarli tutti in Tribunale.

Ancora tu?

E' incredibile, non riesco più a parlare di nient'altro, Mastella rispunta sempre fuori, è più indebellabile della psoriasi. Sono giorni che sto scrivendo un post fiume sui mutui "sub prime" e le implicazioni nefaste del consumismo come unica spinta dell'economia, ed ecco che il nostro Faccione nazionale se ne esce con un'altra delle sue, impossibile da ignorare. Avevo appena deciso di non commentare il suo recentissimo intervento a Ballarò, anche se ne avrei avute di cose da dire, specie sull'argomento "figli", che nell'occasione era riuscito a dribblare con il piglio di un numero 10 brasiliano. Stamattina però, appena seduto alla scrivania ho cominciato come al solito ad aprire i siti dei quotidiani nazionali, e rieccolo, e stavolta l'ha combinata grossa, stavolta non posso e non voglio stare zitto. Ad Annozero, condotto da Santoro, il Magistrato Clementina Forleo è intervenuta a favore del proprio collega di Catanzaro, Luigi De Magistris, per il quale Mastella ha chiesto al CSM il trasferimento cautelare. Le parole della Forleo sono pesanti come macigni: "È ora che il Sud si liberi dei don Rodrigo e dei suoi bravi". Un fendente mortale, che richiedrebbe una risposta cauta e meditata, invece Mastella che fa? Accusato di comportarsi come un Don Rodrigo, non trova meglio da fare che comportarsi come... DON RODRIGO! I giornali di stamattina sono pieni di suoi interventi in cui annuncia una conferenza stampa e fa affermazioni del tipo: "non accetto processi in piazza" e "ormai la RAI è fuori controllo al punto da consentire a Santoro di attaccare il ministro della Giustizia tutte le settimane". Non è possibile, non ci credo, sto sognando, ma come fanno a votarlo? Per fortuna che il peggior nemico di Mastella è proprio Mastella, e speriamo che non se ne accorga troppo presto. Se continua così lasciatelo parlare, fatelo dire, più parla e prima ce lo togliamo di torno. Non si accorge nemmeno che, quando se ne esce con certe frasi, dargli addosso è più facile che sparare sulla Croce Rossa.Ad esempio: Quando una persona non ama i processi in piazza, in piazza non ci va! Invece il nostro Ministro della Giustizia, che per il suo ruolo dovrebbe essere più sfuggente e cauto di quella buonanima di Enrico Cuccia, da quando è stato eletto ha accumulato tante e tali presenze in televisione che ormai ha più ore sullo schermo che elettori. Uno che "occupa", nel vero senso della parola, gli strumenti mediatici, non vuole che chi gli elargisce così ampi spazi, poi lo pettini contropelo, come i gatti. A lui i processi in piazza non piacciono, vero? A lui andrebbero bene solo i comizi, dove solo lui avrebbe il microfono, e nessuno potrebbe interromperlo o contraddirlo. Mi ricorda tanto il comportamento di un'altra persona: uno psiconano, come si chiamava... ah si, Macholo, il nano cavaliere, quello con la bandana.
Però che antipatico che deve essere questo Santoro, sta sulle balle a tutti. Quando c'era Silvio lo hanno silurato perchè attaccava sempre l'esecutivo, ora che Silvio non c'è più e sta all'opposizione, lui attacca sempre l'esecutivo, ma non la smette mai? Antipatico e rompicoglioni, senza dubbio, ma a questo punto chi potrebbe mai accusarlo di faziosità? Se la prende democraticamente con la destra, con la sinistra e con il centro, se la prende con chi comanda. E' questo il nocciolo della questione: chi comanda non vuol accettare e nemmeno rendersi conto che stare in cima vuol dire essere visibili, essere sempre e comunque il bersaglio preferito. Mastella si sente linciato, ora minaccia di sfiduciare il C.d.A. della RAI, la settimana scorsa ha minacciato di sfiduciare il Governo, la settimana precedente pure. Siamo sicuri che il rompicoglioni sia proprio Santoro? Ma sopratutto mi viene in mente un consiglio di mio padre: "quando sei in autostrada e tutti vanno contromano, potresti essere tu quello che ha sbagliato ingresso". Quando la critica colpisce tutti senza distinzione di credo e appartenenza vuol dire che si tratta di autentica critica democratica, ma di questo, Clemente, esattamente come Silvio, sembra che ne sappia pochino, forse loro due sono troppo abituati ad essere circondati dai patetici "yes men". Su una cosa però differiscono Silvio e Clemente: a Silvio non potrei mai dire "A LAVORARE" perchè a lui, nonostante mi sia simpatico come un brufolo sul naso, devo riconoscere che di lavoro ne sa qualcosa, eccome. Per cui non mi rimane che dirlo solo a te Caro Clemente: A LAVORARE! Ma sul serio, perchè sembrerebbe che ti siano bastati 392 giorni di professione per prendere la pensione da giornalista!

Caro Mastella

E va bene, mi ci avete tirato per i capelli, non ne volevo più parlare perché non sembrasse una persecuzione, ma dopo l’ultimo messaggio in cui mi è stato detto: “ma dai, proprio tu non parli dell’intervista a Mastella dell’altra sera…”, devo riconoscere di avere ancora qualche sassolino da togliermi dalle scarpe. Non intendo comunque intervenire sulle diatribe tanto care ai vari Grillo e Crozza, ne ho già parlato, non intendo ripetermi e quello che dovevo dire l’ho detto. Voglio invece approfondire una frase pronunciata da Mastella durante il suo intervento:“Io non farò la fine di Craxi, che se ne è dovuto andare in Tunisia, o di Marco Biagi”. Craxi e Marco Biagi, argomenti spinosi e distanti anni luce, strano che Mastella li abbia accomunati in una frase così esplicita. Marco Biagi, giuslavorista, è stato assassinato dalla Brigate Rosse per essere stato l’ideatore della famosa “Legge Biagi”, la normativa che ha stravolto il diritto del lavoro e ha introdotto tutta una serie di nuovi contratti che vanno (o andrebbero) ad esclusivo vantaggio delle imprese costringendo gli assunti ad una situazione di precarietà ed incertezza. Ora, sull’omicidio Biagi ho le mie personalissime opinioni che non intendo certo rendere pubbliche qui, ma a Mastella vorrei dire che Marco Biagi è considerato da larga parte degli italiani un martire della democrazia e, per tale motivo, francamente trovo che tirarlo in ballo per sostenere questioni personali, perché di nient’altro si tratta, mi è sembrata una penosa caduta di stile. Ma ora parlerò dell’argomento più scottante, di quel: “Craxi che se ne è dovuto andare in Tunisia”. La lingua italiana è fantastica, è piena di sfumature e di sottigliezze che consentono ad un ascoltatore attento di interpretare appieno l’intenzione e il pensiero dell’interlocutore. Quel “se ne è dovuto andare” sta come un "è stato costretto ad andare" o "non ha potuto far altro che andarsene", e ciò esprime senza ombra di dubbio l’avallo di Mastella al comportamento di Craxi. Caro Mastella, se fossi stato Prodi in quel momento ti avrei telefonato in diretta e ti avrei comunicato di fronte a milioni di spettatori la tua sostituzione. Al di là di qualsiasi giudizio personale si possa avere sulla figura e sulla statura morale di Craxi, per la legge italiana il Sig. Bettino Craxi è fuggito in uno stato straniero per sottrarsi all'arresto e al giudizio, e tu, Caro Mastella, CARO MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, non puoi avallare il comportamento di un latitante, perché la legge è legge, dura lex sed lex! Non ho altro da dire.

Ti piace vincere facile?

Ricordo, ricordo un Mullah con gli occhi gonfi e senza più lacrime, ricordo che quell'uomo dall'aspetto fiero e quasi minaccioso, forse un vecchio mujaheddin afghano, teneva una bambina tra le braccia, era saltata su una mina, o forse aveva raccolto un giocattolo esplosivo, un ricordo della guerra con i russi, quell’uomo la stringeva a se e piangeva disperatamente e senza vergogna. Lei aveva occhi enormi ai quali era impossibile sfuggire, era ancora viva e benché orrendamente mutilata affrontava in un silenzio rassegnato e coraggioso un dolore che avrebbe ucciso chiunque. Il padre aveva percorso a piedi non saprei dire quanti chilometri per oltrepassare il confine e quando nelle camionette riconobbe la troupe di giornalisti stanieri non ebbe esitazioni, si avvicinò e la offrì ad essi, che la portassero via purché la curassero, perché altrimenti non sarebbe sopravvissuta. Era nata femmina nel posto sbagliato, per i Talebani non ci sarebbe stato senso sprecare cure per una femmina morente, l’avrebbero lasciata morire.Non ricordo su quale canale straniero ho visto questo servizio giornalistico, erano i tempi dei Talebani al potere e io avevo ancora la tele via satellite con centinaia di canali, non lo ricordo davvero, ma di quel servizio vorrei averne una copia e saprei anche cosa farne. Prenderei tutti i leader della estrema sinistra che ora non hanno nessun pudore a chiedere il ritorno dei nostri soldati dall’Afghanistan, quelli che hanno parlato di una "guerra sbagliata e anche fallita". Li prenderei, e li metterei in ginocchio sui ceci secchi, e li costringerei a guardare all’infinito quel servizio, come in una fantozziana rivincita, per far capire loro il senso e il significato di una permanenza che nelle nostre intenzioni non è guerra, ma civiltà. Perchè i duri e puri della sinistra radicale dimenticano, o fanno finta di dimenticare, che i nostri militari non sono partiti per una guerra, sono in Afghanistan dietro espresso invito del Governo Afghano, sotto l'egida delle Nazioni Unite, ciò che ne fa una missione umanitaria. I Talebani invece usano contro i nostri militari e contro i civili occidentali, tutti i mezzi che la loro codardia gli suggerisce, in una guerra vigliacca e senza timore di usare i mezzi più inumani. I nostri militari, e lo sanno anche i ciotoli nelle strade di Kabul, di Beirut, di Sarayevo, di Pristina, quando escono dall’Italia lo fanno solo a scopo umanitario, anche quando le regole di ingaggio siano ampie e prevedano il combattimento a scopo preventivo. Certe caratteristiche sono insite nella natura del nostro popolo, è quindi sono anche incarnate nel DNA delle nostre truppe. Ovunque si siano recati, anche coperti di armi e minacciosi, i nostri militari si sono distinti e sono ancora ricordati per il grande senso di umanità e di fratellanza che hanno sempre saputo diffondere. A qualcuno però tutto questo non conviene ricordarlo, per motivi diversi. Ai Talebani non conviene ricordare il carattere umanitario della nostra missione, perché getta in quelle terre il seme della democrazia e della libertà, cose che minano alle fondamenta il potere delle loro "scuole" coraniche, del loro falso Islam, tiranno e disumano. Alla sinistra radicale non conviene forse proprio per lo stesso motivo dei Talebani. Mandare delle truppe a testimoniare la democrazia è davvero un inaccettabile controsenso per chi vorrebbe la dittatura del proletariato. Ma nel caso dei nostri comunisti c’è anche l’aggravante che per loro sono giuste solo le guerre vinte in partenza, quelle dei carri armati a Praga e a Budapest ad esempio. A loro non piacciono le guerre fallite, a loro piacerebbe ancora vincere facile.

Ancora caro Beppe...

Apprendo con piacere il fatto che tu sia il primo contribuente del Comune di Genova e uno dei primi 30 contribuenti d’Italia. La cosa ti fa senz’altro onore ma mi fa anche riflettere su una questione di non poco conto: a quanto pare essere controcorrente paga, e paga molto bene. Non ti preoccupare, non sono qui per farti i conti in tasca, quello che guadagni te lo meriti senza dubbio, non fosse altro per l’impegno che ci metti, ciò che mi preoccupa è altro. Ad esempio mi incuriosisce molto il tuo comportamento. Per anni hai condotto i tuoi spettacoli a pagamento scagliandoti contro la classe politica nazionale, hai fatto nomi e cognomi ad altissimo livello, ti sei preoccupato di problemi ampi e generali ma poi, alla resa dei conti, hai deciso di promuovere la nascita di liste civiche per le elezioni comunali e la prima lista civica con il tuo imprimatur dovrebbe costituirsi a brevissima scadenza. Una ottima partenza per contarsi e successivamente puntare più in alto, tutti i nuovi partiti della seconda repubblica sono nati così. L’idea in effetti non sarebbe sbagliata, la partecipazione diretta dei cittadini è uno dei fondamenti della democrazia, ma c’è comunque un piccolo particolare che voglio portare alla tua attenzione. Uno dei nodi più inagarbugliati della democrazia italiana è proprio la partitocrazia, intesa come l’abnorme espandersi del numero di partiti e liste. Come ben sai tale frammentazione è uno dei mali che affligge ad esempio l’attuale coalizione di Governo impedendo di fatto la stabilità dell’esecutivo. Tu allora che fai? Ti inventi le tue liste, orsù viva Dio, siccome ce n’erano pochi di partiti a far confusione, tu hai posto le basi per formarne uno di più. A me già girano le balle ogni volta che sento Mastella che, dall’alto del suo 1,4% di voti (ripeto 1,4% dei voti sia alla Camera che al Senato), detta legge e minaccia la crisi (lo fa più o meno una volta alla settimana), neanche fosse a capo di chissà quale sterminata forza politica. Vabbè, ormai è chiaro, io Mastella proprio non lo sopporto e ho già detto che il problema non è lui, il vero problema è che, per avere una maggiore stabilità sarebbe consigliabile che ci fossero molti meno galli a cantare (perchè notoriamente quando ciò accade non si fa mai giorno). Quindi per impedire che un 48 % degli elettori siano ostaggio di un prepotente 1,4 %, per garantire una reale rappresentatività proporzionale, ci vorrebbe una nuova legge elettorale che garantisse tutto questo con un congruo sbarramento perchè si ottenga l’ingresso effettivo nell’arco costituzionale. Sto dicendo che democraticamente chiunque potrebbe fondare un partito e tentare l’avventura elettorale, ma anche che per avere rappresentanti in parlamento, in regione o in comune, sarebbe necessario e consigliabile che tale partito disponesse di un minimo sindacale di voti. Diciamo un 2 %? In Parlamento si parla da parecchio tempo di una fantomatica nuova legge elettorale ma nessuno sembra avere voglia di affrontare la questione, sia da destra che da sinistra e sai perché? Perché sia la destra che la sinistra hanno nelle proprie fila una miriade di piccole formazioni politiche. Il Centrodestra annovera 8 formazioni con peso politico inferiore al 2% ognuna, il Centrosinistra ne ha 7. Se poi lo sbarramento dovesse essere del 2,5%, a destra le cose rimarrebbero tali e quali ma a sinistra, apriti cielo, le formazioni che scomparirebbero diventerebbero addirittura 11. Questo significa che né destra né sinistra prenderanno mai per primi un iniziativa che farebbe immediatamente incazzare come jene molti dei propri sostenitori, quindi tutti ne parlano e nessuno fa nulla, aspettando che sia qualcun’altro a far qualcosa. Ecco vedi Beppe, questo qualcun altro avresti potuto essere tu. Il movimento referendario ci ha messo 5 mesi a raccogliere le firme firme necessarie per presentare i referendum. Tu hai impiegato un giorno solo, con tanto di notaio! Tu però non hai costituito un movimento referendario, tu sei salito sul tuo fido Ronzinante, ti sei messo il tuo bacile in testa e sei partito lancia in resta contro la pala del mulino più comodo e vicino, evitando con cura quelli più grossi e problematici. Oltre a chiedere di tornare all’elezione diretta dei rappresentanti, che ti costava chiedere un sacrosanto sbarramento al 2 %? Sarebbe stata solo una proposta in più, sarebbero state quattro proposte anziché tre, tutto qui, avresti addirittura potuto togliere la seconda (l’ineleggibilità per più di due mandati) e aggiungere lo sbarramento. Invece no. A questo punto un malizioso potrebbe pensare che tu non lo abbia fatto perché già avevi in mente di costituire le tue liste civiche, che proprio a causa dello sbarramento avrebbero rischiato di non nascere mai. Ma non sono un malizioso, e voglio pensare che il tuo sia stato solo uno sbaglio dettato dalla tua poca dimestichezza con la politica. Ma se ne hai così poca, perché te ne occupi così tanto? Ti piace così tanto continuare ad essere il primo contribuente di Genova?

Caro Beppe...

Vedi Beppe… il fatto è che dopo decenni di ostracismo, decenni in cui sei stato costretto ad urlare le tue idee solo a pubblico pagante, che proprio per questo nemmeno ti prendeva sul serio, finalmente avevi ottenuto una cassa di risonanza mediatica senza precedenti, da lì ti saresti potuto permettere qualsiasi cosa, ma tu che mi vai a fare? Me la vai a buttare in politica! Ho passato ore ed ore su YouTube ad ascoltare i tuoi interventi registrati qua e là, a prendere appunti, a sorridere e a pensare che finalmente era arrivato qualcuno che avrebbe parlato chiaro. Dopo il V-Day, più di un politico aveva dovuto riconoscere di fronte ai microfoni che il tuo fenomeno ormai andava preso sul serio, che il malcontento era diventato troppo evidente. Quello era il momento di cominciare a urlare in faccia a certe persone le verità che prima avevano potuto tranquillamente far finta di non sentire. La schiavitù dal petrolio, la barzelletta del nucleare, la bufala del solare, i soldi sprecati in ricerche senza senso e buone solo a far ottenere laute borse di studio all’estero ai nostri ricercatori. Perché vedi, caro Beppe, a me non me ne importa cavolo se Mastella è andato a Monza con l’elicottero. A me non importa un fico secco se sempre Mastella ha comprato 1.000 metri quadrati di appartamenti al centro di Roma pagandoli poco più di un milione di euro, che allo stesso prezzo non ci compri l’equivalente in metri quadrati di case popolari. Questi sono problemi secondari amico mio, perché per questa gente prima o poi c’è comunque la galera. Questi ormai sono malati di onnipotenza e prima o poi ne fanno una grossa e si fregano da soli, oppure basterà che al governo cambi la bandiera e questi signori, tutti o quasi tutti, dietro le sbarre ce li ritroviamo, le leggi ci sono e basta farle rispettare.

Il problema è un altro ed è molto più grave. Noi non abbiamo risorse naturali ma bruciamo petrolio e gas come se fossimo sceicchi, questo è il nostro problema, da sempre. Proprio quest’oggi un barile di petrolio è arrivato a costare, quasi 82 dollari, per l’anno prossimo i contratti sono già fissati a 95 dollari, pochi anni fa ne costava, pensa un pò, nemmeno 25. E noi sempre lì a ciucciare idrocarburi da qualsiasi tetta petrolifera. Importiamo gas dalla Russia e così finanziamo quel despota di Putin che va d’accordo solo con lo Psiconano e a uno come me lo avrebbe già fatto secco da un pezzo. Importiamo petrolio dagli arabi, e così arricchiamo i finanziatori dei terroristi islamici. Ma che ci frega ? Tanto più cresce il prezzo del petrolio più incassiamo con l'IVA e più l’accisa è lauta. Più aumenta il prezzo e più i “petrolieri” nostrani possono far piovere fiumi di denaro sui partiti. Che ci frega se, con gli attuali consumi e con il terzo mondo che ormai si è industrializzato e consuma quasi più petrolio di noi, le attuali riserve di petrolio basteranno si e no per altri 50 anni? Oh per carità, qualcuno che cavalca il disappunto degli ecologisti c’è. E allora giù proposte: “torniamo al nucleare”, “ci vuole l’energia solare”. Caro Beppe, lo sai anche tu che per costruire una centrale nucleare ci vogliono all’incirca 20 anni, una paccata di miliardi e appalti che non siano in odore di mafia. Lo sai anche tu che per dare energia solare ad un condominio di 20 appartamenti ci vorrebbero quasi 2.000 metri quadrati di pannelli. E poi scusa ma… la mia macchina me la mandi avanti con il plutonio? Oppure costruisci gli aerei direttamente ricoperti di pannelli solari, così almeno si vola solo di giorno e, sperando che non piova, ci godiamo meglio il panorama? Io non sono uno di quelli che dice: “non è per me, ma per i nostri figli”. Io lo dico chiaro e tondo: “E’ PER ME”! Io non accetto più di ingrassare i terroristi e i despoti, soprattutto se poi ci va di mezzo anche l’ambiente. Io non accetto più di pagare a peso d’oro qualcosa che, se si trovasse un valido sostituto del petrolio, nemmeno buono da mangiare sarebbe, e che ci si affoghino! Si, perché il nocciolo della questione è appunto questo: nessuno mai ha pensato di trovare qualcosa che sostituisca il petrolio così, sic et simpliciter, senza dover combinare troppi casini insomma. Qualcosa che costi quattro soldi, che funzioni come la benzina, che sia autarchico, scusa il termine, e che non inquini. Solo che questo fantomatico qualcosa c’è già, ma a nessuno è mai convenuto farlo sapere troppo in giro. Te lo dico senza menare tanto il can per l’aja. Sto parlando dell’idrogeno. Lo sapevi che l'ultimo sommergibile varato dalla Marina Italiana usa come combustibile l'idrogeno? Mica scemi i marinai. Su questo pianeta siamo letteralmente coperti di idrogeno, H²O ti dice nulla? Acqua mio caro, tanta acqua sul tutto il pianeta, una immensa, inesauribile riserva di acqua e quindi di idrogeno. Un motore a idrogeno sai che produce come scarto? Acqua, non gas velenosi o particolati. E sai cosa si libera dalla scissione della molecola? Ossigeno mio caro, solo ossigeno. Purtroppo però non c’è ancora un sistema economico per scindere la molecola di acqua per ricavarne idrogeno o, se c’è, qualcuno ha trovato economicamente più conveniente far sparire questo sistema, per questo l’idrogeno è ancora troppo raro e troppo costoso. L’idrogeno, se messo in un attuale motore a scoppio, si comporterebbe né più né meno che come il metano, con l’aggiunta di un opportuno marchingegno farebbe camminare la mia macchina. Io metto nel serbatoio una bottiglia di minerale, e cammino, ma ci pensi? Sarebbe troppo facile vero? Ovviamente ci sarebberoi degli spiacevoli effetti collaterali: tutti i paesi membri dell'OPEC tornerebbero all'età della pietra e gli USA, a cui appartengono sei delle sette sorelle, dovrebbero far di nuovo ricorso alla schiavitù. Troppo casino vero? E allora che diamine, i nostri famosissimi ricercatori del CNR di Pisa facciamoli lavorare sui nanomotori, che poi noi per far andare le macchine dovremo sostituire i nostri di motori con le vacche da traino. Non credo di dover dire altro, vorrei solo che uno come te avesse avuto il fegato di dirle lui certe cose, che so... di proporre una tassa sulla benzina, 10 centesimi al litro, destinati alla ricerca sull’idrogeno. Oh si che li pagherei quei 10 centesimi, li pagherei se il brevetto di una simile scoperta fosse un brevetto del CNR, li pagherei perchè sarebbe un brevetto dello Stato, e chiunque usasse l’idrogeno nel mondo pagherebbe allo Stato i diritti di sfruttamento, e noi, poveri italiani ciucciapetrolio, potremmo tranquillamente smettere di pagare le tasse, come a Montecarlo, molto meno che a San Marino. Ma lo so, io sono solo un pazzo visionario e tu che potevi essere la cattiva coscienza della "Casta" politica invece hai preferito diventare anche tu un politico, nuovo ma pur sempre un politico. Ci avevo sperato, ci avevo sperato veramente, che delusione, e ora il mio umore è di nuovo nuvoloso, quasi incazzato andante.