sabato 20 ottobre 2007

Ti piace vincere facile?

Ricordo, ricordo un Mullah con gli occhi gonfi e senza più lacrime, ricordo che quell'uomo dall'aspetto fiero e quasi minaccioso, forse un vecchio mujaheddin afghano, teneva una bambina tra le braccia, era saltata su una mina, o forse aveva raccolto un giocattolo esplosivo, un ricordo della guerra con i russi, quell’uomo la stringeva a se e piangeva disperatamente e senza vergogna. Lei aveva occhi enormi ai quali era impossibile sfuggire, era ancora viva e benché orrendamente mutilata affrontava in un silenzio rassegnato e coraggioso un dolore che avrebbe ucciso chiunque. Il padre aveva percorso a piedi non saprei dire quanti chilometri per oltrepassare il confine e quando nelle camionette riconobbe la troupe di giornalisti stanieri non ebbe esitazioni, si avvicinò e la offrì ad essi, che la portassero via purché la curassero, perché altrimenti non sarebbe sopravvissuta. Era nata femmina nel posto sbagliato, per i Talebani non ci sarebbe stato senso sprecare cure per una femmina morente, l’avrebbero lasciata morire.Non ricordo su quale canale straniero ho visto questo servizio giornalistico, erano i tempi dei Talebani al potere e io avevo ancora la tele via satellite con centinaia di canali, non lo ricordo davvero, ma di quel servizio vorrei averne una copia e saprei anche cosa farne. Prenderei tutti i leader della estrema sinistra che ora non hanno nessun pudore a chiedere il ritorno dei nostri soldati dall’Afghanistan, quelli che hanno parlato di una "guerra sbagliata e anche fallita". Li prenderei, e li metterei in ginocchio sui ceci secchi, e li costringerei a guardare all’infinito quel servizio, come in una fantozziana rivincita, per far capire loro il senso e il significato di una permanenza che nelle nostre intenzioni non è guerra, ma civiltà. Perchè i duri e puri della sinistra radicale dimenticano, o fanno finta di dimenticare, che i nostri militari non sono partiti per una guerra, sono in Afghanistan dietro espresso invito del Governo Afghano, sotto l'egida delle Nazioni Unite, ciò che ne fa una missione umanitaria. I Talebani invece usano contro i nostri militari e contro i civili occidentali, tutti i mezzi che la loro codardia gli suggerisce, in una guerra vigliacca e senza timore di usare i mezzi più inumani. I nostri militari, e lo sanno anche i ciotoli nelle strade di Kabul, di Beirut, di Sarayevo, di Pristina, quando escono dall’Italia lo fanno solo a scopo umanitario, anche quando le regole di ingaggio siano ampie e prevedano il combattimento a scopo preventivo. Certe caratteristiche sono insite nella natura del nostro popolo, è quindi sono anche incarnate nel DNA delle nostre truppe. Ovunque si siano recati, anche coperti di armi e minacciosi, i nostri militari si sono distinti e sono ancora ricordati per il grande senso di umanità e di fratellanza che hanno sempre saputo diffondere. A qualcuno però tutto questo non conviene ricordarlo, per motivi diversi. Ai Talebani non conviene ricordare il carattere umanitario della nostra missione, perché getta in quelle terre il seme della democrazia e della libertà, cose che minano alle fondamenta il potere delle loro "scuole" coraniche, del loro falso Islam, tiranno e disumano. Alla sinistra radicale non conviene forse proprio per lo stesso motivo dei Talebani. Mandare delle truppe a testimoniare la democrazia è davvero un inaccettabile controsenso per chi vorrebbe la dittatura del proletariato. Ma nel caso dei nostri comunisti c’è anche l’aggravante che per loro sono giuste solo le guerre vinte in partenza, quelle dei carri armati a Praga e a Budapest ad esempio. A loro non piacciono le guerre fallite, a loro piacerebbe ancora vincere facile.

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